"Quattro persone in gioco per il loro disco numero QUATTRO" : INTERVISTA agli UNDERFLOOR
Abbiamo contattato gli Underfloor (Giulia Nuti, Marco Superti, Guido Melis, Lorenzo Desiati) con cui abbiamo parlato del loro ultimo lavoro dal titolo "QUATTRO" e di molto altro. Buona lettura.
1. Chi sono gli Underfloor secondo gli Underfloor?
GIULIA: Gli Underfloor sono una band indipendente che non si arrende alle difficoltà di questi tempi. Piuttosto abbiamo scelto la strada dell'organizzazione autonoma: dalla produzione del disco alla realizzazione del video, dalle foto alla promozione, contando sulle nostre forze e su quelle delle persone più vicine a noi ma senza rinunciare alla professionalità. Se è vero che il momento storico non è dei più positivi, siamo comunque convinti che l'approccio possa e debba esserlo.
2. Come definireste la vostra musica? Se doveste dare tre aggettivi alla vostra musica, quali scegliereste?
GIULIA: Ci piace sperimentare, senza confondere la sperimentazione con la stranezza a tutti i costi. Tre aggettivi: avvolgente, rock!, “suonata” (nel senso che l'approccio all'uso degli strumenti e il suonarli dal vivo è per noi fondamentale).
MARCO: La storia del rock conta ormai 60 anni vissuti alla velocità della luce. I suoi avanzamenti avvengono sempre meno sul piano della pura innovazione e sempre più su quello di sintesi personali che riescano ad essere significative. La nostra è musica di sintesi in cui il background collettivo è piuttosto ampio e variegato. Il nucleo è comunque strettamente legato a quell’idea di Rock che i Beatles hanno progressivamente costruito negli anni Sessanta: scrivere innanzitutto canzoni cercando di conquistare sempre terreno su ciò che sta al di là della canzone stessa. Gli aggettivi: iridescente-aerea e granitica (a seconda dell’angolazione!).
3. Cosa rappresenta per voi la musica (la vostra e quella che ascoltate)?
MARCO: E’ il mezzo d’espressione che mi ha catturato da quando avevo undici anni! Da allora la quantità di emozioni e immagini vissute attraverso la musica è diventata parte centrale della vita stessa. Fare musica poi ha messo in moto un processo continuo di ricerca e affinamento di linguaggio per avere un accesso sempre migliore a quelle suggestioni.
4. Ascoltando il vostro nuovo album “Quattro”, ci si imbatte in un insieme di suoni e parole che appassionano l'ascoltatore. Come mai il titolo “Quattro”? Come è nato questo disco? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?GUIDO: Ho iniziato a scrivere i brani di Quattro perché avevo l’esigenza di andare oltre quanto fatto con Solitari blu. I pezzi sono nati spesso da riff costruiti sul basso, o maldestramente arpeggiati sulla mia acustica, registrati con un vecchio portatile a cassette o perfino col cellulare: certe melodie della voce mi sono venute nei momenti più impensati, e spesso l’unico mezzo che avevo per fermarle era quello!
La musica è venuta per prima, e nel caso di Quattro avevo deciso di procedere in maniera opposta a quanto fatto per Solitari blu, e anche nei dischi precedenti, dove partivamo già dall’italiano. In Quattro le linee melodiche sono nate in inglese, e solo successivamente ho lavorato sul testo in italiano. Questo ha dato al disco, a mio parere, un sapore differente dai precedenti.
I brani sono stati scritti in un periodo di tempo abbastanza breve, e arrangiati poi con tutta la band in sala prove. Avevo ben chiaro in testa che dovevamo dare una collocazione e un ruolo chiave alla viola, non solo con spazi improvvisativi ma anche con veri e propri temi, quindi ho sempre cercato di immaginarla al centro del brano, e non come semplice contrappunto alla voce.
Il titolo Quattro è nato un po’ per gioco... avevo in mente Led Zeppelin IV o Peter Gabriel IV, ma mi sembrava davvero irriverente paragonarci con tali mostri sacri. Poi ho pensato che in italiano, scritto per esteso, era differente, e così l’ho proposto agli altri.
MARCO: Quattro è un numero che associo contemporaneamente all’infanzia e alla solidità. Indica le personalità in gioco in questo disco, ognuna ben presente coi propri tratti distintivi. Allo stesso tempo è il disco numero quattro: ciò significa che nel bene o nel male sei arrivato a costruire un oggetto con più sfaccettature!
Il disco è nato come volontà di esprimere il complementare di Solitari Blu. Quel disco ha una natura “sospesa” e lunare, è musicalmente molto stratificato ed è stato molto pensato in ogni suo dettaglio. Quattro si è posto subito come il disco dell’immediatezza da tutti i punti di vista. Nello scriverlo e nel realizzarlo ci siamo messi nelle condizioni di dare il meglio sulla base dell’istinto e dell’invenzione improvvisa.
5. “Don't mind”, “Intorno a me” e “Lei non sa” sono tre brani molto particolari del disco. Ce ne volete parlare?
GUIDO: "Don’t mind" è il mio brano preferito dell’album, sia per la sonorità generale che per il testo. Parla della sensazione di incapacità di accettare i momenti di gioia, di sentirsi sempre incompiuti anche quando le cose dovrebbero andare bene. Non credo che a 20 anni avrei scritto un testo così.
Dal vivo suoniamo una versione un po’ diversa, con un “solo” di Marco molto emozionante, su un tappeto di mellotron, basso e batteria.
"Intorno a me" è stato il primo brano che ho proposto alla band, anzi direi che è stato un lungo work in progress, soprattutto per mettere a punto il testo in italiano (in inglese era tutto molto più semplice). Credo che si sia servito per distaccarci dal disco precedente, per mettere a fuoco il ruolo della viola nel gruppo e anche per provare una vocalità un po’ differente.
"Lei non sa" è un esplicito omaggio alle sonorità beatlesiane, e il testo, per lo meno nelle mie intenzioni!, è molto più solare di quel che può sembrare. Qui c’è un’accettazione di come va la vita, utilizzando la metafora dell’amore che se ne va: ora c’è la capacità di vedere le cose con distacco, proiettati verso il futuro.
MARCO: "Intorno a me" è uno dei primi brani ad essere stato scritto per questo disco ed è infatti anche una sorta di ponte col disco precedente, la sua caratteristica più forte è che il ritornello è cantato dalla viola.
"Don’t mind" è invece una ballata che comincia ad esplorare territori e sonorità nuove con forti richiami alla solarità, nei suoni, nell’armonia e nella melodia.
"Lei non sa" va ancora oltre in questo senso: luce e colori a profusione, come forse mai finora...
6. Quali sono i vostri progetti futuri?
GIULIA: Suonare dal vivo, promuovere la nostra musica al meglio ed avere la possibilità di essere ascoltati dal maggior numero di persone possibili.
MARCO: Tutte le nostre energie al momento sono indirizzate alla valorizzazione di “quattro”. La dimensione live è per noi particolarmente importante perché è da là che oltretutto impariamo a cogliere anche le possibile evoluzioni future. Vorremmo riuscire a suonare in contesti che siano interessati alla nostra ricerca sonora e strumentale.
7. Musicalmente parlando, qual è il vostro sogno nel cassetto?
MARCO: Ogni crescita di autorevolezza e di riconoscibilità del nostro percorso è per noi qualcosa di più importante di qualsiasi sogno. Nel corso degli anni abbiamo imparato il difficile gioco d’equilibrio delle aspettative. Le delusioni rispetto a obiettivi sognati e non raggiunti a volte sono dolorose, ma a qualcosa devi sempre tendere altrimenti perdi lo slancio...bisogna trovare l’equilibrio tra queste due forze immaginandosi sempre qualcosa di nuovo.
LORENZO: Eh bella domanda... il mio sogno nel cassetto è suonare per far raggiungere la nostra musica a molti. Credo che per chi suona questo possa rappresentare il massimo.
8. Se doveste consigliare tre band contemporanee, quali scegliereste?
MARCO: Dirty Projectors, Arcade Fire, Wilco
GIULIA: Tame Impala, National, Jim Jones Revue
LORENZO: Foo Fighters, Radiohead e i tra gli italiani i Verdena
GUIDO: Verdena, Air, Low