INTERVISTA CON KEROUAC
Abbiamo intervistato KEROUAC che ci ha raccontato il nuovo disco dal titolo "Ortiche", ci ha parlato delle nuove canzoni, dei progetti futuri e di molto altro.
Buona lettura!
1.Chi è Kerouac secondo Kerouac?
Un progetto musicale dai contorni sfumati, che si sviluppa dall’immaginazione di Giovanni Zampieri ma è pronto ad aprirsi, includere, trasformarsi e cambiare. Ora come ora Kerouac è il risultato dell’unione tra un cantautore armato di chitarra ed un produttore in fissa con l’hip hop.
2.Come definiresti la tua musica? Se dovessi dare tre aggettivi alla tua musica, quali sceglieresti?
Sicuramente malinconica, probabilmente triste. Non riesco a scrivere canzoni felici (e trovo che anche la tristezza meriti il giusto spazio espressivo). Il secondo aggettivo che scelgo è impegnata: credo che l’arte, in tutte le sue forme, sia un atto politico: non è questione dei contenuti - critici, o di propaganda che siano - quanto l’idea che ogni oggetto frutto della creatività abbia in sé un elemento di consapevolezza. L’ultimo aggettivo che metto nella lista è romantica. Perché alla fine sotto il cemento delle parole che scelgo e i muri di bassi elettronici quello che rimane è la mia voglia di (tragica) bellezza.
3.Cosa rappresenta per te la musica (la tua e quella che ascolti)?
Sia la musica che ascolto che quella che suono è, principalmente, un modo per esprimere me stesso. E quindi una porta da schiudere (o sfondare) su ciò che sono.
4.Ascoltando il tuo ultimo lavoro dal titolo “Ortiche”, ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
Questo lavoro è nato dall’incontro tra le demo delle mie canzoni, scritte per voce e chitarra, e l’elettronica del produttore del disco, Andrea Gallo. Abbiamo scelto di tenere come base la struttura e gli accordi dei miei pezzi, svuotandoli delle chitarre, perlomeno per la maggior parte dei brani, e sostituendole con dell’elettronica che potesse restituire al pezzo un’atmosfera concorde con il significato del brano. Ho scritto le canzoni pensandole come se fossero una sorta di canovaccio, sul quale ogni ascoltatore potesse poi raccontare la propria storia, liberamente. Una specie di concept album in cui ho definito solo le cornici - il palcoscenico - senza imporre la mia trama.
5.Quali sono i tuoi progetti futuri?
Prima di tutto voglio suonare il più possibile, ovunque mi capiti. Poi mi piacerebbe sperimentare con nuovi generi, più lontani dalla forma del cantautorato classico.
6.Musicalmente parlando, qual è il tuo sogno nel cassetto?
(Visto che di sogni musicali ne ho tanti, ne ho preso uno a caso!) Mi piacerebbe cantare in un gruppo rock. Rigorosamente in italiano. Sudare sul palco ed inveire contro il pubblico senza che questo mi aspetti fuori dal locale per dirmene quattro.
7.Se dovessi consigliare tre band contemporanee, quali sceglieresti?
I Ministri, perché sono dritti e cattivi al punto giusto. Gli SWMRS, che hanno un’estetica assurda. I Verdena, e loro non vanno spiegati.