Concerto di Yòsonu alla Casa di Michele di Apricena (FG)
Tutto inizia con Sandro che espone 8 quadri che sembrano "sbagliati" tanto da attrarmi all'interno del vano espositore della Casa di Michele. Sono accettato e rimosso. Sono sotto dettatura della regressione ancestrale dei battiti di Yósonu che suona i tagli alle pareti di Sandro. É la musica giusta per dirmi che l'arte si improvvisa in estemporanea, solo se si sa dove il suo sentiero ti porta. In loop mille rintocchi. Bosh come fantasma sui muri.
L'andare e venire di onde percussive tirate fuori dalle sue membrane in un malmostoso treno di basso-grave-diaframma, gola, guance. La musica di Yòsonu è un vibrato inesatto tangente a tratti alla melodia, a tratti ad un ritorno da un viaggio di corsa dodecafonica e psico-krauta. Yòsonu manda in loop-station tutto quello che trova, mentre piacevolmente oblubilato ricordo che mi diceva prima di iniziare:"attento a ciò che avverrà sopra e sotto di me". E allora nel riverbero di un' infinità di glitch-errore-sistema, guardo su le immagini proiettate. Immagini che potrebbero raccontare l'alienazione dell'operaio marxiano che si imprime e fa parete raccontando un ingranaggio infinito di gusto espressionista in avvento sotto-umano e sotto-umanizzante. C'è la musica tribaloide che potrebbe ben stare nella primitiva Calabria, sua terra di origine, come anche nella Sardegna più selvaggia di Barbagia. Noi che ne usufruiamo da composti ammiratori, non possiamo non pensare a "Iosonouncane" che tanto ci ricorda questa performance di Yòsonu. Quel Ionsonouncane però dell'album "Die" senza le parole e autoralità battistiana.
Il campionamento della voce non tradisce mai la voglia di strumentazione varia e assortita. Yòsonu emette con le labbra e dalle labbra ogni fiato umano che diventa subumano e poi ritorna in caverna a ras-settare gli avanzi di una giurassica cena spietata.
E sembra che a quella abbuffata si siano incontrati molteplici strumenti analogici deformati magistralmente da Yòsonu. Insomma uno spettacolo "d'arte varia" che ha il suo giusto minutaggio e una progressione evocativa.
Assaggi qua e là di armonizzazioni tra ciò che é una voce più naturale e un altro suono-non suono assonante a un esperimento di fonderia.
Sembra di stare in compagnia di Simon Balestazzi, degli Hermetic BrotherHood of Lux Or e di Mai Mai Mai: realtà musicali che non solo hanno fatto della reiterazione industrial una nuova forma di psichedelia definita "occulta", ma che hanno alla base la progettualità di viaggi sonici antropologici ed etno-sonori.
Con Yòsonu si lotta piacevolmente tra la rimembranza e l'astralità futuristica di spacey alla Sun Ra, come in un sogno di avangurdia primordiale. E poi, mentre credi sia il silenzio, si rimane vittima di una memorizzazione tanto di uno schrei collettivo e poliritmico, quanto di un crescente battito fetale.
Grazie Yòsonu.
Grazie Sandro.
Grazie Casa di Michele.