MOTTA, la fine dei vent'anni

cover Motta senza adesivoC'è scritto “FINE” nel titolo ma in realtà è solo l’inizio. Di una nuova prospettiva artistica, di una nuova visione (musicale certamente), ma anche di se stesso. “La fine dei vent'anni” è il primo disco di MOTTA, già membro dei CRIMINAL JOKERS. La nuova casa sonica è quella un pò nuova scuola romana versante Riccardo Senigallia, qui anche in veste di produttore oltre che musicista aggiunto, e suo entourage al completo. A chiosa della vitalità del progetto un'etichetta interessante come la Woodworm e la Distribuzione Audioglobe.

Motta scive tutti i testi. I testi evocano ma sanno anche colpire allo stomaco. La prima traccia ”Del tempo che passa la felicità”, non è solo una canzone che con l'asperità della voce di Motta ci ricorda la vena rock suoi Criminal Jokers, ma è anche quella che sarà poi la calda pasta del suono di tutto il disco che virerà verso sentieri indimenticabili e intimisti di gente come Filippo Gatti, Niccolò Fabi e naturalmente il Sinigallia più ispirato. Infatti già la seconda e terza canzone (rispettivamente “La fine dei vent'anni” e “Prima o poi ci passerà”) hanno una struttura che, insieme a “Sei Bella Davvero”, testimoniano la struttura di una ballata che parte con chitarre acustiche e classiche e poi cresce con ritornelli power-pop dove i synth dipingono scene urbane da flash mob e magliette bagnate d'estate.

“Roma stasera” dà un colpo wave-depechemodiano alla carrozza del più impasticcato lucignolo canterino perso nelle notti insonni di sirene slide guitar e voci ululate. Poi c'è una “Mio padre era un comunista” che si colora nel suo dub da terzomondo in uno screenshot da mtv-life-style. Quindi come si può dedurre ascoltando anche la successiva psych-song “Prenditi quello che vuoi”, Motta e Sinigallia non vogliono assolutamente adagiarsi in un unico monolitico blocco sonoro ma spocare le statue della nuova scuola romana con più colori diversi dei soliti grigi. Per esempio rossa (cuore) e nera (vizio) è la voce di Alessandro Alosi, membro dei Pan del Diavolo nella cavalcata folk-rock al limite dello stoner di “Se continuiamo a correre”.

Le ultime due canzoni, in chiusura, tornano a Roma via Sergio Leone di C'era una volta in America con quest'andatura, soprattutto l'ultima “Abbiamo vinto un'altra guerra” piena di chitarre acustiche dai suoni lunghi e oleosi tinti di parole. Sdraiatevi sotto effetto di slide corde striscianti. Ecco che a ognuno può ritornare in mente che "Avere vent'anni" significa e questo Motta lo ha intuito: essere bello, sensuale ma soprattutto stronzo. Ma stronzo al punto tale da capire che, mentre lo hai pensato (e qui la maturità di questo disco capolavoro) è già la fine dei tuoi vent'anni.

TRACCE

1. Del tempo che passa la felicità
2. La fine dei vent’anni
3. Prima o poi ci passerà
4. Sei bella davvero
5. Roma stasera
6. Mio padre era comunista
7. Prenditi quello che vuoi
8. Se continuiamo a correre
9. Una maternità
10. Abbiamo vinto un’altra guerra

Marco Pancrex