“Orecchie da Elefante” è il disco d’esordio del cantautore e polistrumentista Cappadonia.

cappadonia orecchie da elefanteSi intitola “Orecchie da Elefante” il disco d’esordio del cantautore e polistrumentista Cappadonia. Si tratta di un lavoro nato e cresciuto dal sodalizio artistico con Alessandro Alosi de Il Pan Del Diavolo, che lo ha prodotto e ne ha co-firmato alcuni brani. Tra gli ospiti Nicola Manzan e Gianluca Bartolo (Il Pan Del Diavolo). Nove tracce in cui il miglior cantautorato italiano si arricchisce di tinte rock e folk di matrice nord-europea e statunitense.

La prima traccia, “Orecchie da elefante”, è un grasso blues che fa pensare alle sfuriate southern rock dei 16 Horsepower, però con un ritornello che ha una melodia solare e accattivante. Ancora più accentuata la matrice gothic rock in “Noi corriamo”, liberatorio invito ad un ipotetico viaggio da ciò che ci tiene all'angolo. Ormai siamo anche noi nella loro gita fuori porta e abbiamo da camminare per quelle che dall'ascolto di canzoni bellissime come “Mani di velluto”, sembrano immensi prati assolati.

E quel “...assomiglio a te...” che Cappadonia canta, nel finale della suddetta canzone, ci dà ilOrecchie da elefante il disco desordio di Cappadonia biglietto di partecipazione al viaggio. In “Direzione opposta” si sente il cantautorato alternative rock che lega idealmente Cappadonia a quella scena dove si muovevano i vari Benvegnù e Lele battista. Quei primi anni zero di dischi seminali come “Piccoli fragilissimi film”. “Lontano” è proprio il titolo giusto per farci venire in mente le dannate malinconiche ballate, a perdita di vista, dei Black heart procession, in quell'America in cui tutti (almeno una volta) abbiamo sognato di perderci.

“Rimane da fare” ha un eletticità che cresce di dinamica man mano che si passa da strofa a ritornello in cui Cappadonia dice chiaramente di dover tirare fuori tutto ciò che non gli piace vedere attorno al suo nuovo equilibrio, a costo di “vomitare” il passato. “....Impare a soffrire meglio....” , dice il cantautore nell'ironico alt pop di “L'invenzione migliore” con tanto di sax ballerino. Quest'ultimo è un pezzo che potrebbe assolutamente essere una traccia melodica e sbarazzina di qualche album degli Afterhours.

Con “Ventisei” si chiude il cerchio. Tutte le chitarre elettriche del disco si affievoliscono per ricamare, in sottofondo, una ballata riassuntiva di quella che è l'idea “musica folk rock” di Cappadonia: appartenere ad un viaggio a stelle e a strisce rielaborato con sonorità europee. Vivere, suonando, tra il dolce e l'amaro di una chitarra elettrica graffiante e un ritornello carezzevole. Quindi: lodi a Cappadonia e collaboratori per questo lavoro che ha un doppio orgoglio. È “esportabile” e “italiano“ allo stesso tempo.

TRACCE

1.Orecchie da elefante
2.Noi corriamo
3.Mani di velluto
4.Direzione opposta
5.Lontano
6.Rimane da fare
7.L'invenzione migliore
8.Goodbye
9.Ventisei

Marco Pancrex