Tornano gli Afterhours con un doppio album capolavoro
Il 10 giugno è uscito il nuovo album degli Afterhours, un lavoro concettuale sulla perdita e sulla rinascita. Infatti già dal titolo, “Folfiri o folfox”, i due protocolli terapeutici usati dal padre di Manuel contro il cancro che se l'é portato via, si intinuisce che si parla di malattia e reazione tra ballate scure e tanto rock di denuncia. La band è forte della presenza di Xabier Iriondo, Roberto Dell'Era, Rodrigo D'Erasmo, con l'aggiunta di Fabio Rondanini dei Calibro 35 al posto del batterista storico Giorgio Prette e il funambolico Stefano Pilia (Massimo Volume, In Zaire e tanto altro) che ha sostituito alla chitarra Giorgio Ciccarelli.
Le grandi ballate, qui più elaborate, non mancano mai e sono riconoscibili già dai primi accordi. Il lungo doppio album inizia con la tenerissima ballata-promessa “Grande” in cui Manuel parla della perdita del padre e della sua eterna esistenza nel sogno di lui bambino che è diventato un uomo. “L'odore della giacca di mio padre” è una bella crooner song dalle tinte jazz con tanto di graffiate vocali di Manuel e le chitarre in overdrive. “Ti cambia il sapore” con un alieno riff di violino effettato e un bel muro di groove molto simile a quello de “Il mio popolo si fa”, parla di chemioterapia.
In “Ophryx”, un fiore appartenente alla famiglia delle orchidee che sta sulla copertina del disco, D’Erasmo supera a colpi d‘archetto il concetto di musica classica da camera. In “Folfiri o folfox” i Queens of the stone age fanno capolino tra vocine e recitato growl in uno spettrale spaccato tra denuncia sanitaria, malattia e fatalismo. ”Cetuximab” è un altro chemioterapico in salsa elettro-noise. E poi i midtempi loureediani stupendi che sono tipici degli Afterhours come “Lasciati ingannare (una volta ancora)”, la battistiana “Oggi”, ”Non voglio ritrovare il tuo nome” già singolo suonatissimo dalle radio e la ipnotica “Noi non faremo niente”.
Da notare la bellissima “Se io fossi il giudice” ultima traccia, non a caso, per il messaggio di speranza e melodia che ha da dare dopo un percorso così emozionalmente e musicalmente sofferto ma battagliero. Per chiudere non è per niente un disco di rielaborazione di lutti terreni e divini. Manuel e compagni con tanto sano rock e momenti più intimi sembrano dire che, se non c’è una cura, un Dio, “Né pani, né pesci” (bellissimo inno di chitarre e reazione), l‘unico modo che ci resta per andare avanti è amarsi incominciando ad abbracciare se stessi. Riscoprirsi uomini e dirsi il vero, anche se è sofferenza e malattia, con la forza di chi se ne va col sorriso, fregando pure la morte.
Un nuovo gruppo è rinato. Non ci resta che ammettere che in Italia questa pasta di suoni e lirismo è ancora solo degli Afterhours. E quando moriranno lo faranno ridendoci di gusto. Ci scommettiamo. Noi li terremo nel ricordo più bello. Scoprendo d'un colpo di esser diventati grandi.
TRACCE
Disco 1
1. Grande
2. Il mio popolo si fa
3. L'odore della giacca di mio padre
4. Non voglio ritrovare il tuo nome
5. Ti cambia il sapore
6. San Miguel
7. Qualche tipo di grandezza
8. Cetuximab
9. Lasciati ingannare (una volta ancora)
Disco 2
1. Oggi
2. Folfiri o Folfox
3. Fa male solo la prima volta
4. Noi non faremo niente
5. Né pani né pesci
6. Ophryx
7. Fra i non viventi vivremo noi
8. Il trucco non c'è
9. Se io fossi il giudice
Marco Pancrex