LA GRAVITA' SENZA PESO, il nuovo album di Fabio Biale

fabio biale la gravità senza peso coverÈ uscito il 13 dicembre del 2016, "La gravità senza peso", il nuovo album di Fabio Biale, violinista polistrumentista già al lavoro con Zibba e Almalibre. Il disco, in streaming integrale su Soundcloud e sul suo sito, è un concentrato di cantautorato che fonde la scuola genovese di Baccini, e il club-jazz piemontese di Conte mescolando tutto con il manouche di Reinhardt-memoria. Sembra di assistere alla buffa vita teatrale di un musicista che tra "gli inferi dei bar" rincorre amori impossibili. Tra l'uno e l'altro innamoramento, a dare respiro alla narrazione, tristissimi ma al tempo stesso rivitalizzanti inni swing-manouche. Sembra assistere alla messa scena della goffagine sognante dello Sean Penn di "Accordi e Disaccordi" del malinconico Woody Allen.

Scena 1:"Il bolo isterico-intro" recitato dall'attore Mauro Pirovano dà il la allo zingzagante manouche in cui un dottore prescrive al nostro attore, Fabio Biale, la voglia di lasciarsi andare ad un grido liberatorio escludendo altre ipotesi di male tranne un blocco interiore.
Scena 2: "Canzoni d'amore" è un occhio di bue al centro del palco dove, in una ballata pianistica emozionante, il nostro fa fa i conti con la difficoltà di trovare giuste rime all'amore.
Scena 3: "Crapa Pelata" è un cambio di scena brusco che insieme a "La caffetteria Bandiani" danno il via alle danze di uno swing dai sapori un pò gitani, un pò americani con la comparsa di un Django Reinhardt come un fantasma a dimenarsi in un charleston d'antan.
Scena 4: nell'"Albergo" ci si fa un drink braccio a braccio con un Capossela di "Canzoni a manovella", nel tentativo di pasturare una barista  pò stronza, con l'aiuto di un rauco canto di pirata di Zibba.
Scena 5: con "Gesti" la scenografia diventa una finestra aperta sulla primavera con i colori del rock e del pop di richiamo al Niccolò Fabi più ispirato e sospeso.
Scena 6: È strano come "Marzo" sia il nome di un combattente partigiano, strano che questo stornello combact-folk, che ricorda tanto l'etnomusicologia militante della giovane Giovanna Marini, non venga come la primavera ma come la triste stagione della guerra. Ad imbracciare le armi insieme al nostro Fabio c'è Dario Canossi.
Scena 7: ritorna lo swing di Django e "Sì però non eri qui" diventa lo strimbellare sul letto vuoto, a un amore senza ritorno.
Ci sono altre scene ma non vorremmo rivelarvi il finale.
Quello che ci premeva era farvi entrare in questo spettacolare carambolarsi del nostro Fabio Biale, da una sponda all'altra della canzone d'autore, passando per le swingate di intermezzo.
Tra un affanno e un altro, un gesto e il suo mimo, la luce e il buio, la scena e il suo sipario.
 
 
TRACCE

1.bolo isterico (intro)
2.Il bolo isterico
3.Canzoni da more
4.Crapa pelata
5.La caffetteria Bandiani
6.Albergo zot (intro)
7.Albergo zot (feat. Zibba)
8.Da una finestra aperta
9.Gesti (remix)
10.Marzo (feat. Dario Canossi)
11.Sì però non eri qui (feat. Stefano Cabrera)
12.Con la mano tesa
13.Tutto sommato
14.Viene la musica
15.Rock 'n' roll

Marco Pancrex

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QUEI COLORI, l'esordio dei siciliani KARBONICA

copertina Quei coloriI Karbonica (Riccardo Trovato - voce e chitarra acustica / Herry Found - batteria e percussioni / Giuseppe Puglisi - basso e cori / Marco Miceli - chitarra e cori / Orazio Basile - chitarra) sono una band siciliana che ha da poco fatto il suo primo passo ufficiale nel mondo discografico con "QUEI COLORI" composto da dieci tracce originali.

Il mix scelto dal quintetto è caratterizzato da un sound rock con un trionfo di chitarre e sezione ritmica che trova il suo sfogo creativo in testi dalla forte matrice sociale. Molto interessanti le lievi sfumature elettroniche (considerate dei piccoli accenni) che arricchiscono l'approccio a delle canzoni che amano farsi scoprire lentamente ascolto dopo ascolto.

E così ci si perde nella melodia de "L’INGANNO" che parla della spietatezza di chi ha il potere di imporre la sua verità come unica ed assoluta; c'è il parallelismo tra un Paese come l'Italia ed il Terzo mondo vero e proprio nel brano "PEZZO D'AFRICA". Suggestivo ed illuminante è il brano "LEI È MUSICA" che va all'essenza della musica troppo spesso bistrattata oggi da programmi tv e simili; c'è la protesta in "LA TUA RIVOLUZIONE", contro la politica corrotta che non permette al buono del Paese di emergere. Una canzone che lascia una traccia profonda nell'ascoltatore è "LA TUA CITTÀ", scritta e composta da Riccardo Trovato (voce della band) è un racconto autobiografico che vuol essere un ricordo di un amico che non c'è più; melodia orecchiabile e testo molto potente si fondono per dare vita a uno dei brani più comunicativamente riusciti del disco.

"QUEI COLORI" dei Karbonica è un disco fatto di molte tinte diverse ma simili, luminose ma opache, disperatamente vitale. I cinque ragazzi siciliani ce l'hanno messa tutta ed il risultato è sorprendente. Un ottimo battesimo discografico!

TRACCE

1. L’INGANNO
2. PEZZO D’AFRICA
3. LEI È MUSICA
4. QUEL BISOGNO CHE
5. QUEI COLORI
6. LA TUA RIVOLUZIONE
7. SCAPPO VIA
8. LA TUA CITTÀ
9. TI RACCONTERÒ
10. LIBERA

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KING OF THE MINIBAR, il nuovo album dei Marti

MARTI KINGÈ uscito il 3 febbraio il nuovo album, "King of the minibar", dei Marti, formazione che ha già all'attivo due bellissimi lavori come il primo "The unmade beds" e il successivo "Better mistakes". Anche in questo progetto musicale, i Marti si confermano in grado di rielaborare la solita formula del cantautorato arricchendolo di sfumature letterarie. Esse evocano, all'interno di un vero e proprio concept-album, mondi storico-leggendari come quelli che ruotano attorno ad un minibar di Berlino dove personaggi quasi mitologici si alternano a raccontare le loro dieci storie, ognuna ambientata in una stanza del suddetto locale.

Un album, questo "King of the minibar", internazionale nel midollo: concepito a Berlino, affinato a Vienna e Praga, registrato tra Londra, Berlino e la Liguria con la produzione artistica di James Cook e l’ausilio in studio dei musicisti Simone Maggi e Claudia Natili che danno vita al sogno sonoro del titolare del progetto: Andrea Bruschi.
Questo lavoro inoltre chiude una trilogia che insieme agli altri due suddetti dischi indaga l'esistenzialismo Sartiano dell'"ora siamo qui tra realtà onirica e reazione vitalistica al ricordo e alla malinconia".

"Don't be afraid in the dark...." è infatti l'incipit della intensissima torch-song "In my garden" che sembra uscita da "I am a bird now" dell' amatissimo Anthony Hegarty. La doorsiana title track si rivela in un up-tempo alla "Soft parade", con Andrea Bruschi che fa bene il verso di un Morrison in forma smagliante. Sembra accompagnato poi, dai Bad Seeds di mr.Cave in "You came,you hurt" con un violino rubato nella cantina polverosa dei Dirty Three. Il motivo da accolita di rancorosi marinai-galeotti ha la fisarmonica a soffiare il tempo al valzer nero di "Black Waltz".
"Vicious game" è un pò tossico songwriting alla Lou Reed e il resto è fisicità-viscerale depechemodiana. "Offer you a secret" è la "life on mars" dei Marti. C’è "Mr Sophistication", in cui si allude al personaggio del film culto Assassinio di un allibratore cinese di John Cassavetes come simbolo di una generazione degli esclusi d'America davanti ai bicchieri di whisky, visti sempre mezzi vuoti. I quasi tre minuti di "A cross to be nailed on" rimettono la cazzima soft-rock al centro del disco che predilige luci soffuse e tanto piano da camera.
In questo ricco viaggio concettuale, dove da Cassavetes e il suo iperrealismo del perdente si passa a leggende e miti come Evatima Tardo, un’artista fachiro di Vaudeville descritta da Houdini come una delle donne più belle del mondo e resa immune al dolore dal morso di un serpente letale, si capisce subito che non poteva mancare a completare la mano di Igort, illustratore-fumettista sopraffino che ha disegnato la cover, il libretto e l’intero artwork del disco. quindi ci resta di dirvi solo buon ascolto.

TRACCE

1. King of the minibar
2. You came you hurt
3. Black waltz
4. Vicious Game
5. Offer you a secret
6. Mr Sophistication
7. A cross to be nailed on
8. Husband lost at sea
9. End in tears
10. In my garden

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CAPOLAVORO, il nuovo album dei Cibo

CIBO CAPOLAVOROIl 3 febbraio è uscito, per l'etichetta INRI, "Capolavoro", il nuovo album dei Cibo, band torinese che ha registrato allo studio Andromeda di Max Casacci con il fonico Maurizio Borgna.

Il gruppo che viaggia tra Berlino per il mixaggio e la California per il mastering, merita quello che è il suo suono internazionale dalla grana grossa, come fosse la continuazione dell'hardcore della east-cost di nomi come i Black Flag su tutti. La demenzialità cercata nei testi, rifacendosi ai maestri del rock non-sense italiano tra Squallor e Elio e le storie tese, acquista la sua carica con il "peso" del suono. Essa diventa aspra a volte e altre volte spezza il wall of sound spektoriano di una sezione ritmica trash-stoner indiavolata e solo in parte sospesa tra una sottotraccia melodica.

"Il nostro gruppo è morto" è una cavalcata alla Motorhead in cui le voci armonizzano il mantra rauco e catartico di un'ironica vita di un gruppo improvvisato e alla deriva. La forza del quintetto, che suona davvero bene e senza lasciar mollare mai la presa all'ascoltatore, in "Gadro" sembra ricordarci i Faith No More rovesciandoli e ritrovando melodie e cacofonie. Mentre "Io sono stata lasciata" è un blues acido e pestone, "4 amici in piazza" sembra inscenare certo grunge anni novanta di NoGuru maniera misto allo spoken-word felino e sbilenco di Capovilla e compagni.
Il basso distorto dà il cazzutissimo inizio alla math-rock "Valzer del disagio", mentre la divertentissima intro della vintage metal'n'roll "Macchinine" fa il verso alla sigla di Superquark. "Murazzi lato dx" è come se a Torino il vostro navigatore si fosse trasformato in un predicatore invasato vestito da Rob Zombie che, però, ha imparato a suonaredi finalmente. Chiude il lotto "Riporto (quattro amici in piazza reprise)" che rende conferma di tutto ciò che si è ascoltato, ossia divertentismo e tecnicismo assortito ma mai esasperato, tra il duro muro di suono e il riso ghigno lirico, con un urlo in perfetto scream di pochi secondi che sembra provenire da un ecatombe.
Ma per come si è divertiti e eccitati da questo disco, il tutto sembra un ultima grande risata liberatoria. Questo formidabile quintetto, senza prendersi troppo sul serio, ci ha presi tutti per il culo con sacra e profana maestria.    
 

TRACCE


1) Il nostro gruppo è morto
2) Vikingus
3) Gadro  
4) Sono stata lasciata
5) ICSFCLD
6) 4 Amici in piazza  
7) Supermercato
8) Valzer del disagio  
9) Macchinine (miglioreamicodimerda)  
10) Murazzi Lato Dx  
11) Riporto (4 Amici in piazza reprise)

Marco Pancrex

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BLINDUR: il primo album omonimo dei Blindur

BLINDURIl 13 gennaio 2017 è uscito il primo album omonimo del progetto Blindur, duo formato da Massimo De Vita (voce, chitarra acustica, grancassa, synth, loops, armonica, basso,organo farfisa, percussioni addizionali) e Michelangelo "Micki" Bencivenga (cori, banjo, chitarra elettrica, rullante, tambourine, piatti, glockenspiel).

Il titolo deriva dall'incontro con Jònsi, voce e chitarra dei Sigur Ros, il quale essendo lui stesso cieco da un occhio, notando empaticamente la cecità di Massimo, fece presente ai ragazzi, con i quali era nato un legame affettivo e professionale, che il termine "blindur", che la band aveva scelto per il progetto perchè in alfabeto Braille significa "aurora", in islandese magicamente era la traduzione di "cieco". Quindi tutto sembra nascere nel segno di una piacevole fusione di romanticismo e fantasia.

Infatti, grazie anche alla collaborazione di Birgir Jòn Birgisson storico fonico e fondatore dei Sigur Ros, si evocano, attraverso sfumature variopinte che vanno dal folk all'irlandese fino al post-rock in equilibrio sul piano-forte mogwaiano, atmofere che lasciano spazio a un favolistico mondo di moderno e sognante cantautorato.
In "Contrometafore" si gioca con una filastrocca xilofonica e tamburificante. "Impredibile" è una giga nordeuropea tiratissima e rimembrante nei crescenti la "Festival" dei Sigur Ros. Il banjo come nella precedente fa capolino anche nella ballata "Vanny" che ricorda i Perturbazione più ispirati di "In Circolo" con la tipica ed esatta fenomenologia della gioventù melodica di una qualsiasi provincia ormai silenziosa.

De Andrè e Vasco Brondi sembrano fare a gara per intingere la loro stilo nel calamaio della malinconica traccia "11 agosto". "Solo Andata" invece ritorna a dare all'ascoltatore un respiro più riflessivo per poi caricare le grancasse e le chitarre taglienti con un riverbero alla Mogwai di Young Team o di una "Milanò" appunto degli "Inni" islandesi sigurossiani.
Infine "Aftershock" primo video estratto, inizia con una melodia che ricorda "il sorprendente esordio" di Niccolò Contessa ma poi lascia la mano alle chitarre di maniera FineBeforeYouCame.
Il piano di Bruno Bavota che, fa da ospite d'onore nella bellissima "Lunapark", mette le lacrime agli occhi di chi ha ascoltato il disco d'un fiato tra "le discese e le risalite" di commoventi "emozioni". Saramago nel suo capolavoro "Cecità" diceva: "la carne si tocca con gli occhi, ma il suono è la carne".
Penso che non bisogna aggiungere altro.
 

TRACCE


1.Aftershock
2.Canzone per Alex
3.Solo andata
4.Foto di classe
5.XI Agosto
6.Vanny
7.Imprevedibile
8.Contrometafore

marco pancrex

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