MATT 15:14, il nuovo ep dei We're All To Blame

wearealltoblame“One day you'll ask me why I'm not afraid to, I'm not afraid to die”.

“Break the circle”, prima canzone dell'ep “Matt 15:14”, inizia con queste parole, di forte dichiarazione di appartenenza e resitenza autoprodotta dei We 're All To Blame (W.A.T.B). La formazione nasce alla fine del 2012 a Ferrara. In questi anni la band ha pubblicato un Ep, un album, due video, diversi concerti.

La band è composta da tre membri, di cui la stupenda eterea voce, che fa invidia anche alla più ispirata Zola Jesus, è di Erika Finessi, mentre Artiom Constantinov è alle tastiere e Andrea Zambonini, tastiere e seconda voce. Quindi un terzetto che, gia' leggendolo così, promette un suono synth-etico che ricorda molto tutto il filone a cavallo dei novanta/duemila in territorio elettro-wave e indietronic.
Una fra queste influenze che ritorna alla mente nel primo pezzo “Break the circle” sono i 65 Days Of Static, i quali però nel pezzo dei W.A.T.B, non hanno nessuna chitarra post-rock, hanno una voce soave che emerge dal muro di synth e tastiere ultratroniche che lanciano un ritornello cachty alla ” Violator” dei Depeche Mode. Poi i versi “Everytime your life seems to come to the end you lose your mind” scorrono come un monito di apertura ad una nuova idea di politica della vita reale e quotidiana.
“Matt 15:14” racchiude in sé una forte critica nei confronti di ciò che è fuori e dentro di noi in una fusione tra critica sociale e esistenzialismo.
Infatti già il titolo del secondo pezzo “Rotten world” parla da sè e suona piu' duro che mai senza però che l'elettronica di cui si fa medium rimanga fredda e di maniera. Infatti la voce e il groove lasciano il posto anche alla malinconia di tanti “immaginary boys” come Robert Smith e Dave Gahan.
La bellezza della synth-ballad “Faithless” fa pensare ai grandi Cold Cave come anche ai nuovi Crystal Castles in un discorso tronico che non si chiude mai alla melodia come certo post punk situazionista.
Nello spoken-word di “S.W.H” si raggiunge la vaporwave di Croatian Amor. È l'apice emozionale.
E così questo ep si chiude nel migliore dei modi e dopo essere passato da influenze e riferimenti più e meno storici trova una sua identità.
Per noi una prova riusciuta, se non altro perchè questi “tre ragazzi immaginari" in realtà, hanno dimostrato di essere vivi e reali.

Tracklist

1. Break The Circle
2. Rotten World
3. Faithless
4. S.W.H.

Marco Pancrex

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John Holland Experience: il disco d'esordio omonimo

JOHNHOLLANDIl lavoro omonimo dei cuneesi John Holland Experience è uscito il 5 Marzo 2016 in tiratura limitata di 500 copie coprodotto da DreaminGorilla Records, Taxi Driver Records, TADCA Records, Electric Valley Records, Scatti Vorticosi Records, Brigante Records, Longrail Records, Edison Box Records, Omoallumato Records, oltre ad essere supportato da Justice Musical Instruments e da Diysco.

Il gruppo ha dato vita negli anni a performance incendiarie che sono confluite in questo album da studio dal suono stoner vista su Palm Desert con tanto di sputi al microfono di un blues acido e garage alla Jon Spencer. Alcune progressioni dinamiche e la pasta sonora ricordano anche i Deep Purple di Machine Head e gli anni Novanta di Seattle. I testi non sono seriosi, ma maleducati e pulp come il suono che li accompagna in un pazzo saliscendi da montagne russe.
Per restare in Italia, il timbro del cantante ricorda molto quello di Pau dei Negrita e anche alcune sfuriate si lasciano ascoltare col pensiero ad album accademici come "XXX" o a band più pesanti come i Ritmo Tribale di "Mantra".
Questi tre ragazzi provincia usciti dal loro scantinato cuneese come una Debbie Harry spettinata in una notte folle della New York primi anni 80, hanno le carte in regola per dire la loro in questo party circense quale è la discografia contemporanea. Hanno carattere e personalità.
Sono garage al punto giusto per far pagare il biglietto del loro show a un Jack white in prepensionamento.

"Tieni Botta" il pezzo manifesto: una voce graffiata da blues dell'oltretomba, crocicchi zeppi di cenere di sigarette fumate da un diavolo divertito, i Purple di Blackmore, senza Blackmore, l'acidità degli Zeppelin e gli stop and go dei morti e reincarnati Black Sabbath.
Tutto questo con potenza e gas sempre sul filo della riserva. Si viaggia al limite dell'umano possibile e si torna a dare calci all'auto in panne senza mollare mai la strada per il prossimo show da mettere a ferro e fuoco.
Ecco che tornano gli sputazzi di Jon Spencer e la sete infinita dei John Holland e dei loro adepti. Intanto il rock and roll è diventato roba da grandi. Bisogna avere almeno un vizio mortale per officiarne il culto. Questi ragazzi hanno la musica come stesso come vizio. Pestano sugli strumenti come se non ci fosse un domani, senza sapere che c'è la possibilità che suonando così si può diventare immortali.
Che disco, insomma. Che storia. E se non c'è altro tocca solo pagare il biglietto e andarsene via soddisfatti di chiamarsi Hendrix e di aver allevato figliuoli così appassionati e fottutamente onesti come loro.

Tracklist:
01. Intro
02. Malvagio
03. Elicottero
04. Revival
05. Canzone D'Amore
06. Festa Pesta
07. Tieni Botta
08. Ti Piace

MARCO PANCREX

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CI SARÀ DA CORRERE: IL NUOVO DISCO DI MELODY CASTELLARI

melody"CI SARÀ DA CORRERE" è il titolo del nuovo disco di Melody Castellari. Figlia d'arte (suo papà Corrado ha scritto per grandi nomi della musica italiana come Mina, Ornella Vanoni, Fabrizio De André, Milva, Adriano Celentano...), Melody ha un feeling molto stretto con questo disco perchè rinchiude dieci canzoni firmate proprio dal padre. La giovane artista vuole portare avanti la tradizione di famiglia e si dedica così alla musica, cantando l'amore, la politica, il quotidiano, i problemi e le virtù.

La scelta di percorrere un sentiero musicale ben definito ha fatto bene allo spirito di Melody che oggi dimostra di avere grandi capacità tecniche e di trasudare una grande passione per le sue scelte.
Addentrandoci in "CI SARÀ DA CORRERE", ci si imbatte nella prima traccia del disco: "È tutto cielo". Si tratta di uno dei pezzi più intensamente emotivi dell'album in quanto la chitarra che dà il via all'album è quella di Corrado Castellari che ricama note che parlano di sogni, di desideri, di fantasia e di vita che permea le nostre esistenze.
Un brano particolarmente ispirato è "Ci sarà da correre", una polaroid lucida e netta sulla superficialità che oggi invade la quotidianità; si passa poi alla malinconia de "Il provinciale" che parla della voglia di fuggire e del tempo che sfugge di mano.
Tra le canzoni scritte dal padre e reinterpretate dai grandi artisti della musica italiana, c'è l'amore turbolento di "Non voglio essere" (incisa da Milva); la chiusura del disco è affidata ad un caposaldo del musica nostrana: "Il testamento di Tito", scritta da Fabrizio De Andrè e musicata dal padre di Melody.
"CI SARÀ DA CORRERE" è un disco pieno di spunti interessanti, caratterizzato da una voce molto ben educata, delle scelte sonore molto azzeccate e da una melodicità che incuriosisce man mano che si procede nella degustazione delle note di questo bellissimo disco.

TRACCE

1 È tutto cielo
2 Avere Fame Avere Sete
3 Ci Sarà da Correre
4 Il Provinciale
5 Progetto
6 Sacco a Pelo
7 Tempi Politici
8 Non Voglio Essere
9 Wagon Lits
10 Il Testamento Di Tito

Guarda il video di "Ci sarà da correre"

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I ByMyside tornano con AFFOGARE, RISALIRE, RICADERE

AFFOGARE RICADEREI ByMyside pubblicano venerdi 15 luglio il loro nuovo disco dal titolo "Affogare, risalire, ricadere"; dopo l'ep “La Negazione Della Realtà”, il loro primo album esce per una cordata di etichette: Dreamingorilla Records, Blessed Hands Records, Allende Records, Entes Anomicos, Tadzio Records, Samegrey Records, Santapogue Media, Pundonor Records.

La band romagnola composta da Filippo Cinotti, Francesco Antonelli, Michele Ambroni, Nicolò Borgognoni e Michele Alessandri presenta un lotto di otto brani di un sincero punk/hardcore con voce in modalità screamo.
Dall'inizio fino alla fine, il disco procede con un ritmo incalzante che fa venire alla mente le produzioni americane più intransigenti di band come gli MC5, Black Flag, Husker Du, le leggendarie fanzine californiane anni Ottanta e i kids indiavolati che imitavano la flessione totale del corpo da contorsionista di Iggy Pop nei suoi show al vetriolo con gli Stooges.

Questo "tutto" che succedeva con i ByMyside si ripete oggi in un territorio poco avvezzo ad album così diretti e, anche se non c'è proprio quel "tutto intero", rimane residua la voglia di trovare una patria nuova, europea, ma soprattutto italiana in questo marasma di canzonettarismo.
Ci avevano provato gruppi come i Super Elastic Bubble Plastic di Gionata Mirai che nel Teatro Degli Orrori ha poi riadattato questo piglio più spinto in una formula più soft e cantautorale. Questo "Affogare, risalire, ricadere" però pur proseguendo sulle orme dei citati due gruppi seminali per quanto riguarda questo immaginario di genere, non ha assunto sfumature al ribasso o compromessi di sorta.
Ecco infatti che le chitarre della prima traccia proseguono fino all'ultima come fosse un monolite sonoro dove le sfumature stanno non tanto nel suono, che risulta quindi lineare e compatto (punto a favore della band), quanto nella dinamica dei pezzi. È così che il contorcersi delle chitarre ora propendono verso una labile ariosità melodica, ora verso un incastro degli screaming vocali che potenziano la spina dorsale del disco.
A volte infatti sembra di riascoltare "Sfortuna" dei Fine Before You Came che prendono lezioni di hardcore dagli Unsane col risultato che anche quella che potrebbe sembrare una parentesi armonica subito dopo involve nel riff di una chitarra in spasmo muscolare o di uno sfogo screamoide.

Lodevole il loro intento di fare un album dal suono "straniero" in lingua italiana, sintomo che si sentono parte di quella scena di cui parlavamo e ne riconoscono la necessità di ispirazione.
Il disco, come il genere che professa, è incentrato su la ciclicità della resa e della reazione sia a livello testuale e anche come caratteristica tipica del tipo di musica di cui si fa portavoce quale è appunto il punk-hardcore qui arricchito da un intenso e tecnicissimo canto screamo.
Il disco ha vita dalla lotta dei contrari e da otto etichette di nazionalità diverse: dall'Italia all'Ucraina passando per gli Stati Uniti. Un disco europeo con fondamenta nella storia del punk-harcore old-school. Un disco che si candida ad essere il disco screamo dell'anno.

TRACCE

01. E Ancora... Quanto Vorrei Odiarti
02. Convinzioni Che Crollano
03. Non Siamo Più Ciò Che Eravamo
04. Forme Geometriche Nel Buio Che Ci Circonda
05. Aurora
06. Tutto Resta Uguale
07. Utopia Di Ogni Giorno
08. Come Dovrei Oppormi

MARCO PANCREX

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JB è il nuovo disco di Johnny Bemolle

johnnybemolleIl 16 giugno il cantautore Johnny Bemolle's, autoproducendosi, ha fatto uscire il suo disco "JB". Di lui non si conosce granchè, se non il fatto che ha lasciato in soffitto in una valigia rotta e polverosa queste sue nove canzoni di un trasognato folk all'americana che strizzano l'occhio anche agli esperimenti più morbidi di Eddie Vedder in viaggio verso "le terre selvagge".

"Johnny" per esempio è un'energica canzone acustica che parla di un Ziggy Stardust di frontiera e lo fa con la muscolarità di una Ani Di Franco addolcita dagli archi proto-sinfonici alla Sufjan Stevens.
"East Paris" è un incedere di chitarrina americana old-school ma ha anche l'aspro sapore delle ballate acustiche dei Pearl Jam senza nessuna elettrificazione e con una melodia a denti stretti.
"Budapest in rain" potrebbe stare in un disco di un Patrick Wolf sotto sedativi come anche nella Nebraska di Springsteen. Eppure anche qui il cantautore non si limita all'esercizio del copia e incolla del manuale di folk americano, ma cresce in dinamica ed è sostenuto da un vento d'archi che portano alle ossa del pezzo il refrigerio di autunno di carne.
E dopo Parigi e Budapest, dopo tanto vagabondare, Johnny Bemolle's fa tappa a Granada per incontrare un flauto dolce e un violino che parlano al cuore del folk europeo così che il pezzo "Granada's beggars" diventa il suo inno di appartenenza.
"In the cripple of Bruges" aumenta la tensione emotiva con un uptempo e una voce caldissima, mentre "Scotland" fa pensare alla reinvenzione di un fingerpicking meno ortodosso che va sciogliendosi tra archi e fiati in un momento di quieta e intensissima pausa strumentale.
Con "The fiddler of Dooney" si fa alternative folk quasi con un approccio punk alla Pogues sotto morfina.
L'ossatura di questo pezzo sta tutta in un violoncello quasi dronico che, nel suo dare un bordone costante per tutto il brano, lascia pochi e mirati incastri alla bellissima voce di Johnny. Il climax si raggiunge nel finale in un crescendo di timpani orgiastici.
Suonare folk come Micah P.Hinson fa a Providence, non avere un tetto fisso come quest'ultimo, trovare nuovi rifugi ad una ingombrante tradizione che pesa sulle spalle del viandante, e riuscire in tutto questo non era esercizio facile, in più andare oltre i canoni stilistici dell'accademia come in the "Last train to Candem" è una ulteriore conferma di bravura. Chissà se tutto questa fatica ci farà riapprezzare questo artista in un altro viaggio-album bello come questo. Che Johnny Bemolle's non si perda nel non luogo della virtualità è una viva e appassionata speranza. Per il resto non si può che parlare di inizio di un nuovo cammino di europeizzazione del folklore americano. E scusate se non è poco.


TRACCE

1. Johnny
2. East Paris (intro)
3. East Paris
4. Budapest in the rain
5. Granada's beggars
6. The cripple of Bruges
7. Scotland (Johnny reprise)
8. The fiddler of Dooney
9. Last train to Camden

marco pancrex

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