Lucio Leoni esordisce con LOREM IPSUM

loremipsumLOREM IPSUM, il disco d'esordio di Lucio Leoni uscito il 13 novembre 2015 per "Lapidarie incisioni", unisce il teatro, la canzone popolare, il rock e il rap metropolitano.

Facciamo che sia un viaggio, parte tutto dalla "Luna". È una storia-canzone d'avventura e amore dove "non c'è ossigeno per gridare" la voglia di essere noi la scoperta di un'altra vita: una nuova per sempre. Dal punto di vista musicale questo pezzo inizia e continua per molto del suo incedere in un teatrale spoken-word a metà tra l'ironia di Gaber e la denuncia di grandi affabulatori come Marco Paolini e Ascanio Celestini. Poi però la traccia viene spezzata da una parte superdistorta in cui ritorna, come per gioco e beffa, il riff in refrain di "heroes" di David Bowie.
Un'altra canzone-non-canzone è "A me mi" che parte da un errore grammaticale per poi fare una panoramica dell'italietta da quattro soldi che s'è mangiata tutto in fretta per non trovarsi più un niente. Lo fa con un pizzico di ironia e tanto sarcasmo e il testo potrebbe dare lezioni alla sociologia accademica come ogni vera invettiva da capo anziano del baretto sotto casa sa fare.

Qui musicalmente la contorsione non è elettrica ma iperverbale e iperveloce tanto da sembrare un recital-rap che potrebbe richiamare i Marta sui Tubi di "Muscoli e Dei".
"Domenica" è una ballata cantata in slow-core come fossero stati invitati i "Low" in una borgata romana.
"Tavolino" quasi una filastrocca trilussiana messa in musica come uno stornello di un Lando Fiorini che fa un occhiolino un pò al bel canto e un pò alle distorsioni di chitarra a spezzare il ritmo cantilenoso della canzone. "Fuori da qui" è un requiem alieno che potrebbe stare in un disco più azzardato del nostro Daniele Silvestri.

"Prima campanella" è un funky-rap tra frankie hi-hng e i Cypress Hill centrifugati insieme in una piece teatrale di Proietti.lucio06colre 770x470
"Na bucì'a" una storia-noise bellissima che sembra una poesia di Remo Remotti per quanto nostalgica di una Roma che non esiste più.
Forse non a caso è posta in chiusura, forse per fare la quadra su quello che è la poetica del cantautore: far coincidere lirismo poetico e teatro con una denuncia sarcastica distorta e elettrica. Per noi c'è riuscito alla grande Lucio Leoni con questo suo "Lorem Ipsum" che speriamo sia solo l'esordio di un lungo viaggio tra parola e musica.

TRACCE


1- A ME MI
2- LUNA
3- FUORI DA QUI
4- TAVOLINO
5- GUARDAMI
6- DOMENICA
7- AMAMI
8- PRIMA CAMPANELLA
9- NA BUCI’A

marco pancrex

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WHITE & BLUE, l'album da solista di Fabrizio Rispoli

fabrizio rispoliDopo le innumerevoli esibizioni, registrazioni e collaborazioni, Fabrizio Rispoli (cantante degli "Aaron Tesser & The New Jazz") pubblica il suo primo album da solista. Il lavoro contiene dodici canzoni di jazz-pop scritte e prodotte dal cantautore trevigiano. "Perfect", singolo dell'album, in rotazione radiofonica dal 19 aprile, è una canzone che racchiude tutti gli intenti di "White & Blue": ossia il pop fresco e solare e la ricercatezza del jazz. È tutto come in un banchetto nuziale quando si aprono le danze e gli sposi sorridono del loro giorno "perfetto" per poi lasciare tutti alla fine verso un futuro ancora incerto ma allo stesso tempo nostalgico.

"Summer breeze" tira la giacchetta a un Frank Sinatra broadwayiano con il piano in levare, il sax caldo e un croonerismo confidenziale tanto da esagitare anche gli invitati più esigenti come fossero ultras di una qualsiasi curva.
Il jazz è la loro squadra del cuore e poco importa se la definiscono musica colta. Fabrizio in "pista" si diverte come un bambino e riesce a rifilar loro anche una ballata più malinconica e impegnata come "Il Barbone", una canzone che mette pace tra il buon canzoniere di Baglioni e la canzone jazz d'autore di un certo Cammariere meno sanremese.
"I cannot change" è un funky irresistibile. "La luna nel cuore" ci ricorda il maestro del sabato italiano Sergio Caputo.
Ormai ballano tutti e quando Jamiroquai fa capolino in "Play another game " impazziscono e mettono via inibizioni e cravatte. Poi "So lovely" è un lento solo per gli sposi. Ma a Fabizio non gli va di farla finire la festa e si affida al groove di un bel suono nu-jazz corposo che in "To be a childe" ricorda una stazione radiofonica di una qualche metropoli che potrebbe benissimo essere la New York di Donald Fagen e i suoi Steely Dan. È inutile continuare, la "fusione" è completata.
Il pop dei Simply Red, la motown di Marvin Gaye e il blue jazz di qualche cabaret fumoso di Manhattan, tutti insieme per far tornare il sorriso a fine cerimonia quando si va via uno dopo l'altro.
Per un attimo gli sposi restano soli e, mentre stanno per andare a letto, decidono di rinunciare alla passione della prima notte di nozze e pieni d'amore si immergono in un pazzo after nella sala da ballo ormai vuota. Fabrizio Rispoli è andato via anche lui. Ma basta mettere di nuovo play sul suo" White & Blue " e si ricomincia da capo tra lenti swingati e funky-fusion irresistibili. Quest'album d'esordio ha animato questo giorno indimenticabile come in un sogno e lo farà con altri meno perfetti, tanto ciò che conta è che la musica ci sia sempre. Che sia sogno o realtà.

TRACCE

1.Perfect
2 .Summer Breeze
3 Il barbone
4 I Cannot Change
5 Luna nel cuore
6 Play Another Game
7 So Lovely
8 Sogno blu
9 To Be a Childe
10 You Still Don't Know Why
11 Shalala
12 Envious Moon

Marco Pancrex

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FELIX LALÙ, IL DISCO D'ESORDIO "COLTELLATE D'AFFETTO"

felix copertinaIl 15 Marzo 2016 è uscito il disco "Coltellate d'affetto" di Felix Lulù, per DreaminGorilla Records/Riff Records/La Ostia. Il musicista ha all'attivo un ep “Braccia Strappate All'Agricoltù” (2006), due dischi “El Se Sentiva Soul” (2009) ed “È Cosa Buona E Giusta” (2011) e lo split “Menta Al Quadrato” (2016) con Caso, Johnny Mox, Phill Reynolds e Il Buio.

In questo suo progetto Felix Lalù ha riunito un pò di artisti a collaborare Jacopo Broseghin, Johnny Mox, Elli De Mon, Candirù, Simone Floresta, Gianni Mascotti, Phill Reynolds, Michael "Pero" Pancher (KURU), Mirco Marconi (Hallelujah!).
Già dalle prime tracce si può parlare di un disco di contro-canzoni, pop sghembi e retroversi che fanno del nostro un misto "tra Paolo Conte e Metal Carter".
Al primo ascolto ti urta, ma poi già dal secondo ti scappa la risata e capisci che le citazioni innumerevoli non sono esercizio di stile come per esempio in gruppi come i Cani e Lo Stato Sociale. Quindi non c'è nessun rischio di non farne posa hipster in alta definizione, ma solo due risate ignoranti senza pretesa in un sincero lo-fi (vedi quel pazzerello di Daniel Johnston). È inutile elencare le canzoni una per una perchè sono tutte legate da un attitudine punk che tira in ballo una miriade di strumenti rudimentali e accatastati nella stanza di un ragazzo in piena pubertà che guarda i film di Bud Spencer e Terence Hill, sfoglia Playboy e fa a botte con le note del primo Bugo.


Dischi di riferimento potrebbero essere il capolavoro di bassa fedeltà di "Sentimento westernato" di Bugo, alla centrifuga di wave colta e Foto Felix Lalù Coltellate daffetto 1hauntologica del primo Ariel Pink. Felix Lulù parla del suo progetto così: "È disponibile per battesimi e feste di compleanno, ma solo se non tenete granché ai vostri figli". Per noi se manterrà questa genuinità potrà rinunciare al MIAMI per accettare SANREMO. Anche il successo a volte nasce da una presa per il culo d'altronde e quel ragazzo, di cui vi parlavo sopra, chiuso nella sua stanza, si farà una bella risata nella sua devastata adolescenza.

TRACCE

01. I Gruppi Americani
02. Tutti Quanti Vogliono Sembrare Meglio
04. Cosa Darei
05. È Il Mio Amore Mio E Si Chiama Francesca
06. Dinamita
07. Gino
08. Tutta Shanghai
09. Disco
10. Omar È Nero
11. Vai Vai
12. Pulp Alpestre

Marco Pancrex

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"Dove nascono le balene", l'esordio del" Circolo Lehmann"

CIRCOLO LEHMANN COVERÈ uscito a maggio 2016 per Libellula/Audioglobe “Dove nascono le balene”, l’esordio sulla lunga distanza del Circolo Lehmann, formazione piemontese nata come esperimento letterario-musicale ispirato dal libro “Il signor Lehmann” scritto dal tedesco Sven Regener. Dodici tracce in cui si incontrano rock-psichedelico, contaminazioni folk e cantautorato, in un’atmosfera di mistero sospeso tra sogno e realtà.

La formazione è composta da Ghego Zola (voce, chitarre, ukulele, armonica, piano, tastiere, programmazioni e percussioni), Pax Caterisano (batteria, percussioni, programmazioni), Lorenzo Serra (basso elettrico, chitarre, tastiere, programmazioni, sax tenore), Umberto Serra (tastiere e tromba) e lo scrittore Marco Magnone, che li ha accompagnati con le sue ‘storie e controstorie’ i cui testi alimentano alcuni dei brani.

Il primo pezzo dell'album "Marlene" ci introduce (attraverso nebulose di programmazioni e una tromba alla Jon Hassell in sottofondo) in un'atmosfera musicale dall'approccio finemente ricercato. Poi le chitarre sanno dare quella zampata shoegaze che ci riporta pian piano alla situazione aliena iniziale.CIRCOLO LEHMANN BAND
Il secondo pezzo "La festa" è un funky che ricorda il suono e l'immaginario poetico di un certo filone musical-letterario di inizio anni zero in cui si muovevano grandi gruppi come i Virginiana Miller, i Valentina Dorme e altri.
In "La casa al mare" si sentono influenze del post-rock di Giardini di Miro' e Yuppie Flu con una timbrica vocale e un'atmosfera post-cantautorale molto simile ad Alessandro Raina e i suoi progetti Amor Fou e Nema Fictione.
"La nostra guerra" e la title track hanno le rasoiate elettriche dei Marlene Kuntz ma tutto meno sporco e più curato sia negli allunghi melodici e soprattutto nel testo di vera urban-poetry mista al cantautorato old-school. E poi tutto continua così morbido e smussato negli angoli. Tutto è così garbato e rotondo.
"Ulisse" sembra portarci per mano tra le dita di un redivivo Nick Drake. "Nero a capo" e "Cosa ci siamo persi" chiudono il disco rispettivamente con un pugno elettrico e la sua ultima carezza. Insomma un lavoro intenso dove fatti gli spazi e i tempi, restano le emozioni sospese e la voglia di riprovarle al nuovo ascolto.

TRACCE

1.Marlene
2.La festa
3.Niente di nuovo
4.La casa al mare
5.La nostra guerra
6.Dove nascono le balene
7.Danza
8.Maree
9.Ulisse
10.Nero a capo.
11.Cosa ci siamo persi

Marco Pancrex

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Tornano gli Afterhours con un doppio album capolavoro

AFTERHOURS FOLFIRIIl 10 giugno è uscito il nuovo album degli Afterhours, un lavoro concettuale sulla perdita e sulla rinascita. Infatti già dal titolo, “Folfiri o folfox”, i due protocolli terapeutici usati dal padre di Manuel contro il cancro che se l'é portato via, si intinuisce che si parla di malattia e reazione tra ballate scure e tanto rock di denuncia. La band è forte della presenza di Xabier Iriondo, Roberto Dell'Era, Rodrigo D'Erasmo, con l'aggiunta di Fabio Rondanini dei Calibro 35 al posto del batterista storico Giorgio Prette e il funambolico Stefano Pilia (Massimo Volume, In Zaire e tanto altro) che ha sostituito alla chitarra Giorgio Ciccarelli. 

Le grandi ballate, qui più elaborate, non mancano mai e sono riconoscibili già dai primi accordi. Il lungo doppio album inizia con la tenerissima ballata-promessa “Grande” in cui Manuel parla della perdita del padre e della sua eterna esistenza nel sogno di lui bambino che è diventato un uomo. “L'odore della giacca di mio padre” è una bella crooner song dalle tinte jazz con tanto di graffiate vocali di Manuel e le chitarre in overdrive. “Ti cambia il sapore” con un alieno riff di violino effettato e un bel muro di groove molto simile a quello de “Il mio popolo si fa”, parla di chemioterapia.

In “Ophryx”, un fiore appartenente alla famiglia delle orchidee che sta sulla copertina del disco, D’Erasmo supera a colpi d‘archetto il concetto di musica classica da camera. In “Folfiri o folfox” i Queens of the stone age fanno capolino tra vocine e recitato growl in uno spettrale spaccato tra denuncia sanitaria, malattia e fatalismo. ”Cetuximab” è un altro chemioterapico in salsa elettro-noise. E poi i midtempi loureediani stupendi che sono tipici degli Afterhours come “Lasciati ingannare (una volta ancora)”, la battistiana “Oggi”, ”Non voglio ritrovare il tuo nome” già singolo suonatissimo dalle radio e la ipnotica “Noi non faremo niente”.afterhours 2016
Da notare la bellissima “Se io fossi il giudice” ultima traccia, non a caso, per il messaggio di speranza e melodia che ha da dare dopo un percorso così emozionalmente e musicalmente sofferto ma battagliero. Per chiudere non è per niente un disco di rielaborazione di lutti terreni e divini. Manuel e compagni con tanto sano rock e momenti più intimi sembrano dire che, se non c’è una cura, un Dio, “Né pani, né pesci” (bellissimo inno di chitarre e reazione), l‘unico modo che ci resta per andare avanti è amarsi incominciando ad abbracciare se stessi. Riscoprirsi uomini e dirsi il vero, anche se è sofferenza e malattia, con la forza di chi se ne va col sorriso, fregando pure la morte.
Un nuovo gruppo è rinato. Non ci resta che ammettere che in Italia questa pasta di suoni e lirismo è ancora solo degli Afterhours. E quando moriranno lo faranno ridendoci di gusto. Ci scommettiamo. Noi li terremo nel ricordo più bello. Scoprendo d'un colpo di esser diventati grandi.

TRACCE

Disco 1
1. Grande
2. Il mio popolo si fa
3. L'odore della giacca di mio padre
4. Non voglio ritrovare il tuo nome
5. Ti cambia il sapore
6. San Miguel
7. Qualche tipo di grandezza
8. Cetuximab
9. Lasciati ingannare (una volta ancora)

Disco 2
1. Oggi
2. Folfiri o Folfox
3. Fa male solo la prima volta
4. Noi non faremo niente
5. Né pani né pesci
6. Ophryx
7. Fra i non viventi vivremo noi
8. Il trucco non c'è
9. Se io fossi il giudice

Marco Pancrex

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