OUT LOUD, il nuovo album dei MOOD

mood outIl disco dei Mood, "Out loud" in uscita a Marzo 2017 per Upupa produzioni, To Lose La Track ed Irma Record, comprende 9 brani nei quali si sceglie, rispetto alle atmosfere punk puriste del primo album, una maggiore raffinatezza che però non muta lo slogan live-oriented del duo: "No stage, Best stage". Quindi li si vedrà di nuovo sotto al palco a fare contact duro e crudo con i fans.

Il lavoro è ricco di influenze: si va dal math-rock orientaleggiante alla Battles( l'artwork è stato curato da David Konopka appunto) di "Banjingo", ad atmosfere più indietroniche di "Go-p", territorio Storm&Stress invece "Macedonia" e "Rollecoaster", "Milkshake(mounthful) e "(A sip of) milkshake" sembrano spezzare la solita dinamica del piano-forte disegnando ambientazioni più lounge-act e glitch-beat tipo primo album dei nostrani Aucan, in "A.A.A", abbiamo la summa della loro poetica "matematica" con un inizio quasi morriconiano e un crescere sia in impatto, che in armonie in una geometria esatta e emotivamente efficace. "Natura" e "Zucchero di canna" danno il colpo finale all'abaco sonoro che trova, nelle traslazioni delle sue coloratissime palline, la quadra del cerchio.

Comunque tranquilli, anche se non si è eccelsi nella computaazione di fine del mese, l'ascolto di questo ricercato calcolo emotivo vi farà tornare i conti senza nessun faticoso impegno cerebrale e con un beat in più all'annoiato quotidiano ritmo cardiaco.    

tracce:

1.Banjingo
2.Go-p
3.Macedonia
4.Rollecoaster
5.Milkshake(mounthful)
6.(A sip of) milkshake
7.A.A.A
8.Natura
9.Zucchero di canna

Marco Pancrex

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VUSSIA CUSCIENZA, il nuovo album di Gabriella Lucia Grasso

LUCIA GRASSOIl 2 e il 3 marzo a Roma è stato presentato ufficialmente "Vussia Cuscienza", il disco di Gabriella Lucia Grasso. Dietro c'è lo zampino di Carmen Consoli che ha pubblicato il progetto per la sua etichetta la Narciso Records e ha messo ìl basso e la sua stupenda voce nella soft-rock "Don pippuzzu" che spezza la natura più tranquilla e meditativa del lavoro. Il progetto è un misto tra la tradizione di musica leggera italiana come succede in "Una notte di maggio tra stelle e carillon", che swinga dolcemente con "Guancia a guancia" richiamando un pò le melodie jazz-up di Sergio Caputo, con la scena storica dialettale folk siciliana come "Cunta e pigghia", "Taccu e punta" e altre tracce dove si sente quasi la chitarrina della maestra cantautrice combattente Rosa Balestrieri, che si fa più passionale e sensuale incontrando la musica latinoamericana.

Questo ponte transoceanico sembra avere il sapore languido di una partenza come in "Quanti voti" dove la collaborazione di Lidia Borda eccellenza del tango argentino è come un saluto che ha dentro una storia intera di vissuti e ritrovamenti. Poi sempre rispettando il fil rouge dell'amore a tutto tondo, ci sono momenti in cui il viaggiare è fatto di allegri arrivi-ritorni come nel folk'n'roll di "Vussia cuscenza". Insomma un disco di tradizione che però ha ingredienti che lo rendono classico come l'uso del dialetto siciliano e il paradigma della musica latina (milonghe e tanghi e morne) e nello stesso tempo un lavoro di certa contemporaneità che si rintraccia nella manipolazione reinterpretativa della materia prima, più melodica, con chitarre e synth. C'è qualcuno che aspetta sempre alla fine e all'inizio di un viaggio. Ma qui si confondono gli addii e le accoglienze. È la musica che nasconde le lacrime e i sorrisi. Perchè alla fine ad ogni ascolto ci si sente comunque a casa.


tracce:

 1.Pippineddu (miniminagghi)
 2.Cunta e pigghia
 3.Taccu e punta
 4.Vussia cuscienza
 5.Quanti voti (feat. Lidia Borda)
 6.Guancia a guancia
 7.N’sughiteddu
 8.Camurria
 9.Mano male che canto
10.Don Pippuzzu (feat. Carmen Consoli)
11.In una notte di maggio tra stelle e carillon
12.Notte Annunziata

Marco Pancrex

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ENTROTERRA, l'esordio discografico dei Minerva

minervaIl primo marzo è uscito "Entroterra", il primo disco di inediti dei Minerva. È un autoproduzione. Per la band bergamasca è un lavoro di introspezione dove l'entroterra appunto è il guardarsi "dentro" per poi far partire un flusso di testi in italiano senza punteggiatura grammaticale e musicale. Un indie-rock che ha il sapore autorale e allo stesso tempo una struttura dark-wave, con certi rimandi alle nevrosi dei Talking Heads come in "Via 20" e "Amaro".

In "Amanite", invece, i Minerva sembrano una versione soft dei Porcupine Tree dove la voce della cantante fa pensare anche alle Hole di Celebrity Skin. La stupenda "Carrozza 3" è una ballata punk'n'roll alla Loredana Bertè con tanto di annuncio di un treno che sta arrivando a Bergamo per andare nel non so dove. La title-track riprende il leit-motiv della fuga dalla "provincia" che Mordini, nel suo bellissimo film, definiva "meccanica".

Alla finestra della sala di registrazione si affaccia la prima Cristina Donà mentre si prova, sognando con le note di un jazz-funky appena accennato, l"America". Sentori di una Bjork invece nel trip pop di "Molecola" che però si contorce e accellera e decellera sfiorando il punk dei Ramones. Nell'altra manciata di belle canzoni si ripete la sfida che la cantante sottolinea in "Entroterra" e che aleggia in tutte le altre tracce ossia: vincere "....l'illusione di essere vivi...". Sì, perchè in questo saggio musicale di Nouvelle Vague tra rapine al supermercato, i primi difficilissimi amori e "la maturità", quello che conta è rimanere "GIOVANI", e scappare più lontano possibile dagli stereotipi che invecchiano anche gli animi più impavidi. La storia che i Minerva ci raccontano non sappiamo come finirà, ma i treni continuano a passare e, prima o poi, avranno il coraggio di prenderne uno.

TRACCE

1.Via 20
2.Amaro
3.Amante
4.Carrozza 3
5.Entroterra
6.America
7.Molecola
8.Aliasing
9.Resbus
10.Brem-Bow
11.Veronica
12.Faso Bifaso

Marco Pancrex

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ASSALTO, il nuovo disco dei Carnero

assaltoIl 3 marzo è uscito per Dischi Bervisti e Retro Vox Records l'album "Assalto" dei Carnero, gruppo hardcore di Forlì. Il disco suona molto italiano, sia per la scelta della lingua dei testi, che per le sonorità che hanno richiami alla scena punk anni 80, ma con un respiro più new school. Non mancano incursioni nel crust/dbeat e nel math. Occasionali, ma ben strutturate sono le invasioni in campo metal, con testi che sono velenosi e senza mezzi termini.

"Città nere" ci catapulta nella gola di Tom Araya col suo trash militante e battagliero. "Dissanguare la Preda", tra cavalcate punk-crust, mette in scena intermezzi giocati in una surplace di stop improvvisi. Questi ragazzi non sfigurerebbero davanti ai fratelli Cavalera di "Arise" per quanto sporco è il loro growl-scream a differenza delle chitarre fredde e funzionali ad una linea guida di suono nuda e cruda. "Nodi al pettine", inizia come un pezzo dei Brutal Truth e si annoda a "Spreco pt. 1 " e "Spreco pt. 2" che hanno parti di breakdown che richiamano il death-core di nuova scuola. I tecnicismi in rima con la violenta denuncia dei testi sono un vademecum di vera controcultura.

Tutte le tracce non superano i tre minuti (quando va bene), altrimenti si assiste ad esplosione di muro del suono iperspectoriano in cui, in una manciata di secondi, si esplora la matematica della durezza molto Talibam! e la messa in pratica di calcoli volutamente sbagliati e imperfetti.
Ecco che "Rifletti" con il suo solito piglio punk harcore inneggia alla "gioa della imperfezione" che, come sappiamo, in questo genere musicale, è una dichiarazione-manifesto di appartenenza. Se si vuole essere eccessivi, si può pensare ai C.C.C.P. o ai Massimo Volume per la valenza salmodiante dei brevi recitatiintercalati tra distorsione e cantato screamo.
Affettivamente parlando, si può dare a pezzi come "Potere produttivo", un significato generazionale che ha il compito di farci ricordare contro-inni distorti di band meteora come i Sistema Informativo Massificato di metà anni Novanta quando anche il Bleach di Cobain e compagni e lo "Scum" dei Napalm death, erano i dischi da portarsi dietro per dire che si era contro un mondo che non si-ci capiva.

Non a caso in "Città nere" si dice "...quante volte mi sono sentito male e stranito..".
Questo fa intuire che a volte si va contro tutto affinchè almeno qualcosa e qualcuno, dietro le nostre urla di inadeguatezza, possa recepire la nostra fragile richiesta di appartenenza. Così, citando il titolo dell'ultima traccia di questo stupendo album, nella vita ci vorrebbe "+ Punk"


TRACCE

1.Città Nere
2.Dissanguare La Preda
3.Nodi Al Pettine
4.Spreco pt.1
5.Spreco pt.2
6.Ignoranza
7.Il Filo Del Coltello
8.Rifletti
9.Ve l e n o
10.Potere Produttivo
11.+ Punk  

Marco Pancrex

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MANI COME RAMI, AI PIEDI RADICI, il nuovo album dei Modena City Ramblers

modena city ramblersIl 10 marzo è uscito il nuovo album "Mani come rami, ai piedi radici" degli emiliani Modena City Ramblers. L'etichetta è quella della band e la distribuzione Believe è in cd e vinile a tiratura limitata.

Il sound è il marchio di fabbrica della band che ha reso la musica della formazione un brand inconfondibile, in cui l'aspetto poetico-letterario dell'autoralità si unisce a ritmi di festa quasi fosse arrivata la banda di paese. L'allegria è sostenuta da gighe irlandesi, ballate spagnoleggianti e l'americano alt-country morriconiano della altisonante collaborazione con i Calexico nella traccia "My ghost town".

La gente che affolla le strade della fiera del santo sente questi musicanti portare tra le bancarelle colorate canti di Babilonia dove si incrociano il dialetto, lo spagnolo, e appunto l'inglese dei compagni di comunella Joey Burns e John Convertino. La mistura di varietà linguistica e anche dovuta all'amalgama di una scelta eterogenea di generi, sottogeneri e influenze che sonorizzano la lunga processione folkloristica. Ecco le ammalianti trombe della ballata marchiata Calexico ("My ghost town"), la fisarmonica nella punkeggiante molto Gogol Bordello ("Welcome to Tirana"), la patchanka spagnola alla Ska-p ("El senor t-rex"), il violino sinuoso del bellissimo downtempo tipico della band emiliana ("Mani in tasca rami nel bosco"), la orientaleggiante quasi sospesa come una canzone dei Radiodervish ("Sogneremo pecore elettriche"), le schitarrate elettriche del incipit Black Heart Procession-oriented che diventa un bubblegum melodico e velocissimo ("Ragas pin de stras"), la intimista filastrocca malinconica che sembra un misto tra Branduardi e i Nomadi ("Angelo del mattino"), la percussione che si fa rarefazione nella ninna nanna dialettale appena pizzicata dalle chitarrine ("Quacet putein").

Insomma questa lunghissima coda di gente e di accenti sfila pian piano che, al calar della sera, il santo torna a farsi statua e silenzio in chiesa. Prima, solo un attimo prima, come dice Capossela il venerato si è fatto "Uomo Vivo" in mezzo alla gente a stremarsi di forze e respiri. Quel santo l'ho visto, l'ho pregato, l'ho lasciato ancora al buio agitarsi come un monello indisciplinato alla vista dell'Altissimo. E chi ha ascoltato con noi questo disco lo può giurare. Anche perchè giurare non è un peccato se fatto con la stessa libertà di questa musica piena di amore per la vita.

TRACCE

1.Tri bicer ed grapa
2.Grande fiume
3.El Señor T-Rex
4.Gaucho, io e te
5.Welcome to Tirana
6.Sogneremo pecore elettriche?
7.My Ghost Town
8.Mani in tasca, rami nel bosco
9.A un passo verso il cielo
10.Volare controvento
11.Ragas pin de stras
12.Angelo del mattino
13.Quacet putein

Marco Pancrex

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