MUSIC IS TELEPHONE, l'album di Captive Portal

Music Is Telephon artworkÈ uscito il 25 febbraio per l'etichetta La Bèl, il lavoro di Captive Portal, "Music Is Telephone". Il disco è stato registrato senza l'uso di software di trattamento del suono tanto che nel comunicato stampa si sottolinea questa importante scelta "rivoluzionaria" da parte dell'autore (Zach Bridier):"All sounds are original. No software synths and no audio from third parties were used in this recording". Ebbene è tutto vero, oltre alla chitarra acustica e alle percussione i cinque pezzi di questo brevissimo progetto strumentale sono spogli di qualsiasi altro suono che non sia un battito sbadato di una scarpa o un ticchettio sulla cassa armonica della chitarra.

I territori sonori di localizzazione di queste composizioni sono un certo minimalismo non ipercostruito, anzi spontaneo, nei suoi "errori di tempo" intesi come sbagli di collocazione di mercato di un "prodotto" che se ne frega di essere alla moda. Esso risulta più affine a un'anacronistica e a tratti avanguardistica mai forzata "estemporaneità performativa", piuttosto che alle attuale iperproduzioni da copia-incolla per Grammy vari e indigestione. Sì, sembra che nel passare dalla malinconica "I miss holidays", che potrebbe stare bene nel repertorio di Jim O'Rourke, si approda a un certo chitarrismo più arcaico e rurale in una "Drums for jobs" che fa pensare, nel suo reiterarsi, a certi raga a 12 corde di Bansho o delle nuove sperimentazioni dei Six Organs Of Admittance. "Peppers & mints" rincara la dose con un fingerpicking evocativo e volutamente essenziale che James Blackshaw inserirebbe come ghost-track nel suo "Litany of echoes". Poi tornano i colori di "Anti-explosed video" che hanno la forza degli anthem della Ani di Franco. Un disco che è una "bella solitudine, una bella compagnia" per citare De andrè.

TRACCE

1.Anti-explosed video
2.Music is telephone
3.Drums for jobs
4.Peppers &  mints
5.I miss holidays

Marco Pancrex

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SAVANA FUNK, il disco di Aldo Betto with Blake Franchetto & Yousset Ait Bouazza

savana funk coverIl 24 febbraio 2017 è uscito l'ultimo lavoro di Aldo Betto with Blake Franchetto & Youssef Ait Bouazza dal titolo "Savana Funk". L'etichetta per cui è stato rilasciato è Brutture Moderne/Audioglobe. Il disco è una ricognizione filmica alla Win Wenders di un territorio western e di frontiera da un lato e qui è la chitarra minimalista e desertica a farla da padrona, dall'altro lato c'è il groove di una Detroit dove ritorna a vivere la Motown più danzereccia di un inviperito James Brown.

Ora se "Lila" fa pensare al caro vecchio maestro jazz-blues Clapton, "Coming with you" sembra suonato da Jaco Pastorius e la sua fusion band i Weather Report. Questo elemento importante fa capire come la componente ritmica si aggiunge pian piano e arricchisce la tavolozza di nuovi energici colori. Per la malinconica e bellissima ballata all'americana "Moments away" si potrebbe tirare in ballo il grande Ry Cooder. "Timbuktu calling", "Duna" e "Agmar" sono pregevoli esempi di musica africana che è stata resa mainstream per pasta di suono e orecchiabilità da artisti attuali come Bombino e i Tinariwen. "600 $" fa richiama al funky-soul dello scomparso Prince mentre a questa irrequietezza si contrappone lo slow-core di "Dance of the pillows" che però ha un finale in crescendo strepitoso.
"Savana Funk" è uno space-wah wah-funky dove s'azzuffano al Crocicchio il blues del Delta e il diavolo di Robert Johnson che alla fine vince di misura e guadagna il suo posto in pista.
Sì, perchè questo disco è capace in un attimo di farti pensare e viaggiare e poi, nell'attimo successivo, ti lascia al bancone di un locale notturno di gente e divi di colore a sbattere il culo col tuo drink coloratissimo in una mano e con l'altra nel punto più caldo del sesso.

TRACCE

1) SAVANA FUNK
2) BUBBLE ART
3) AGMAR
4) DUNA
5) CALAIS BLUES
6) B FLAT
7) 600$
8) DANCE OF THE PILLOWS
9) COMING WITH YOU
10) LILA
11) TIMBUKTU CALLING
12) MOMENTS AWAY

Marco Pancrex

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INVOCATION AND RITUAL DANCE OF MY DEMON TWIN, il nuovo album dei Julie's Haircut

julies haircutÈ uscito il 17 febbraio 2017 il nuovo disco dei Julie's Haircut, "Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twin", per l'etichetta Rocket Recordings, distribuito da Audioglobe. Il lavoro nasce dalle improvvisazioni in studio dove viene poi catturata "la canzone" ultima. Questo metodo era quello che usava Miles Davis e gli stessi Can che in questo progetto, a livello di sonorità, risultano essere la band più importante tra le influenze. Curiosità: oltre alla line-up storica c'è Laura Agnusdei ai sassofoni e per la prima volta dopo 7 anni ritorna uno dei membri fondatori, ossia Laura Storchi che presta la voce al quasiraga indiano di stampo minimalista (vedi La Monte Young) di "Koan". Il progetto riprende il filo conduttore del penultimo "Ashram Equinox" in cui l'avanguardia faceva il paio con un certo esoterismo ritualistico e una reiterazione kraut-rock tanto da catalogare gli stessi Julie's Haircut come portabandiera della nuova scena promettente: Italian Occult Psichedelia. "Zukunft" è una lunga cavalcata alla Neu!, "The fire Sermon" riprende appunto i Sermons del bellissimo doppio album “Our Secret Ceremony” cadenzata sia dello scioglilingua ripetuto che dai feedback di chitarra e synth.

"Orpheus Rising" è sensualissimo avant-soul. "Deluge" è un capolavoro di shoegaze con il sax in free-form e la sezione ritmica che crea un muro spectoriano tribalistico. "Salting Traces" sembra uscire da qualche lunga suite del live at Pompeii dei Floyd, con più contorsioni e meno acido relax. "Cycles" ci fa vedere tutto ipercolorato in uno spettacolare viaggio dove a condurci nello spazio potrebbero essere i Tangerine Dream aggiornati in chiave ultimi Flaming Lips.
La band arrivata a questo punto ci suggerisce di guardare al di là della porta come Morrison faceva con Manzarek sulla spiaggia di Venice Beach nel film cult di Oliver Stone, citando William Blake. Infatti in "Julie's haircut: Gathering light" una voce o il terzo occhio dei 13th Floor Elevators ripete un invito al trapasso che sembra dover seguire la percezione o la poca vista infernale. Si quasi intuisce che bisogna  andare rispettivamente oltre la vita o la morte.
Per trovare che cosa poi: la luce? Ebbene dopo questo lungo ascolto di "danza ritualistica" la sensorialità è felicemente confusa e non distingue se c'è o meno una zona di passaggio perchè la divinazione ci ha già lasciati trapassare oltre il senso comune delle cose...ops il disco è finito e ci si accorge che non servono più altre parole e parole e parole: paradossalmente questa è stata una catartica "danza del silenzio".

Marco Pancrex

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H3+: il viaggio interstellare di Paolo Benvegnu'

paolobenvegnu H3 cover WEBIl 3 marzo è uscito il nuovo lavoro "H3+" di Paolo Benvegnù per Woodworm con distribuzione Audioglobe. A tre anni di distanza da Earth Hotel chiude, insieme a Hermann, la trilogia dell'idrogeno che qui diventa triatomico identificandosi con la molecola base della vita interstellare. Così questo "difficile" ennesimo approccio concettuale del cantautorato di Benvegnù, ormai un brand di alta riconoscibilità identitaria, usa questa metafora particellare per descriverci un viaggio nello spazio-Io e un ritorno alla coscienza dell'ultima esplosione come saluto-abbandono dell'universo.

Si è usato il termine "difficile" perchè al primo ascolto è così, intricato e inespugnabile. Il disco fatica a dirti di lasciarti andare e tu lo assecondi sopraffatto da una verve lirica e poetica e da una verbosità eccessive. A ciò si aggiunge la sorpresa di trovarti davanti ad un disco finalmente arrangiato magistralmente, seppur troppo stratificato, a cui non ci si è più abituati dato l'eccessivo diyng odierno del "buona la prima e volemose bene tanto fa figo ed è punk abbastanza".

Per noi, per fortuna si è andati oltre il primo e il secondo ascolto. Così "Macchine" diventata folktronica al pari dell'emozionante Scary World Theory dei Lali Puna, "Good bye planet earth" un pezzo di raffinato synth-pop, "Olovisione in parte terza" insieme "Se questo sono io" e a "Slow Persec Show" ballate piene di cincinnii e melodie neo-pop sospese tra Moderat e le stelle nere del testamento di Bowie. "Astrobar Sinatra" riportata sulla terra ad un certo clima della canzoneria anni 70 del Battisti più acid-pop. "No drink, No food" alla fine ci ha fatto desistere e così come il narratore Benvegnù sa fare, ci ha detto :"..non siamo mai stati da soli e da soli non sappiamo dove andare...". Beh non resta altro che evitare di toglierlo dall'I-pod perchè se all'inizio eravamo disorientati davanti a tanta lontana bellezza, ora una vicinanza seppur molecolare ce l'abbiamo nella sensorialità del riappacificato ascolto e del "siamo anche noi un pezzo di quel triatomico idrogeno".  

 

TRACCE

1. Victor Neuer
2. Macchine
3. Goodbye Planet Earth
4. Olovisione In Parte Terza
5. Se Questo Sono Io
6. Quattrocentoquattromila
7. Boxes
8. Slow Parsec Slow
9. Astrobar Sinatra
10. No Drinks No Food

Marco Pancrex

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AND THEN I SAW A MILLION SKIES AHEAD: la nuova meraviglia di Cleo T.

cleot i saw a millionIl 10 marzo è uscito per l’etichetta Motor Entertainment, il nuovo poliedrico capolavoro dell’artista Cleo T. dal titolo “And then i saw a million skies ahead”, distribuito da Audioglobe. La performer-musicista si è affidata per la produzione artistica del suo lavoro a Ed Cianfanelli in arte Rodion che non ha certo sfigurato nei confronti del precedessore mentore di Cleo T., John Parish. La nuova sfida del progetto è la creazione di un sound crossmediale che quindi ben si presta alla teatralità del teatro impressionista, la chanson francese, il cantautorato da camera, il beat techno-minimale da club ed infine la world music meno ritmata e più delicatamente sensuale.

“African queen” sembra uscita da uno dei capolavori del neo-blues dei tuareg Tinariwen in cui Cleo T. sembra sedurre il suo ospite di featuring, Adnan Joubran. Con “Shine” si entra invece in territori Cocorosie, tra sinuose intersezioni di beat elettronici con tanto di claps, in sottorimica accentazione, e ritornelli solari travolgenti. “Amore vai” è un walzerino piccolo piccolo da canto gitano in cui il cantato si trascina ammiccante dall’italiano al francese. “Stay” potrebbe essere la traduzione internazionale della nostra celentaniana “Pregherò”. Poi c’è l’electro più danzereccia ("Look at me i am a horse"), l’uptempo blues di reminiscenze Nick Cave ("The devil by our side" in cui duetta con Elyas Khan), lo struggente Trip-hop con venature nu-soul alla Martina Topley Bird (“Sunlight lullaby”). Oltre al laptop, il set strumentale comprende la tabla palestinese, il charango argentino che insieme a strumenti come violino e violoncello e chitarra tango disegnano la geografia utopica di una musica, che a differenza della realtà, non ha confini e muri. Questa chimerica visione della mondialità poi si realizza nell' essere suonata e l’ascoltatore in un certo senso assiste ad un opera d'arte immensa che ha la forza di un atto politico.

TRACCE


1.african queen (feat. Adnan Joubran)
2.shine
3.amore vai
4.stay!
5.look at me i am a horse
6.the devil by your side(feat. Elyas Khan)
7.gone(wdyg?)
8.magic all around(feat. Prabhu Edouard, Tomàs Gubitsch)
9.des orages au fond des yeux(feat. Prabhu Edouard, Tomàs Gubitsch)
10.sunlight lullaby
11.i must remember(le chant des sirènes)

 

Marco Pancrex

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